giovedì 18 dicembre 2008

18.12.12 - La casa dei riformisti

Prendiamo la Notizia con la "n" maiuscola di questi giorni e rigiriamola, mettiamola sottosopra. Non m'importa sapere quanti amministratori corrotti ci sono nel PD: di sicuro qualcuno che non verrà beccato c'è, così come sicuramente anche altri partiti hanno delle magagne che riescono o meno a nascondere.

Quello che mi interessa è capire come mai questi potenti locali abbiano deciso di "investire" sul PD per condurre i loro affari e dare strumenti addizionali al loro preesistente potere. Cosa ha reso il Pd la casa, più che dei riformisti, di questi corrotti e corruttori?
E ancora: era così da sempre ed è cambiato qualcosa, si è resa palese una cosa nascosta, oppure le cose sono cambiate? Se sono cambiate, cos'è cambiato?

Con lo sguardo poco obiettivo del militante, credo che sia cambiato qualcosa: che aver aperto la porta ai 'moderati', portatori di interessi particolari più che di istanze sociali, abbia reso il PD un luogo dove chi vuole perseguire interessi privati può farlo sotto gli alibi della modernità, del riformismo, della politica non ideologica. Non dico che sia impossibile perseguire interessi privati e riempirsi le tasche all'interno di un partito socialista, assolutamente no, ma dico che in un partito socialista gli ostacoli sono tanti e i corrotti saranno quasi tutti "homegrown", persone nate e cresciute al suo interno e per questo conosciute e conoscibili, mentre nel partito moderato aperto alle istanze particolari i corrotti estranei accorrono a frotte, trovando l'ambiente ideale per condurre i loro affari.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

esplicita. secondo te è questione di statuto, di storia e tradizioni, di momento storico o che cosa?

Insomma, qual è la via d'uscita? :)



-L

RedRose ha detto...

Storia e tradizioni non sopravvivono se le metti sulla mensola a prendere polvere. I DS erano, senza dubbio, il primo interlocutore del principale sindacato italiano; erano il partito di riferimento per chi pagava le tasse onestamente e voleva uno stato sociale allo stesso tempo efficace e attento ai bilanci. Il PD invece si distingue dal sindacato e non lo difende in una fase di durissimo attacco, si relazione con chi le tasse non le ha mai pagate e ha aperto a un welfare con meno garanzie senza per questo aver seguito una linea di rigore di bilancio.

Quindi secondo me è un problema di linea politica e [considerato come funziona il PD or ora]di leadership: tutti i pezzi grossi hanno appoggiato questa linea "riformista", che sarebbe più corretto definire neomoderata, liberista coi deboli e statalista quando vengono toccati interessi forti [si vedano le dichiarazioni di Veltroni sugli aiuti all'industria automobilistica].

La via d'uscita? Temo, uscire dal partito e farne un altro. Ci sono sempre 90 militanti su 100 che "non gradiscono" come va' avanti il partito, ma su ogni questione 70 si allineano con pallide motivazioni.