sabato 13 dicembre 2008

13-12-2008 - Crisi e opportunità

Pare che i giganti dell'automobile americana non riceveranno fondi pubblici per sopravvivere alla crisi, almeno non la quantità immensa che era stata ipotizzata nelle settimane passate. Mi sembra una notizia positiva.

Nel primo corso di Economia politica, Microeconomia, il professor Manera disse una cosa interessante: "il libero mercato non esiste, è impensabile che chi ottiene un utile non lo usi, in qualche forma, per fare concorrenza 'sleale' l'anno dopo e allargare la sua quota di mercato". Non dava nessun senso etico al termine 'sleale', si trattava piuttosto di 'non aderenza alle regole del libero mercato', prima tra tutte la massimizzazione dei profitti.
Nel mondo questo è chiarissimo: una grande compagnìa ha modo di sopravvivere a una crisi, semplicemente facendo dumping dei prezzi per impadronirsi delle quote di mercato delle piccole compagnie che le fanno concorrenza. Non c'è nulla di strano in questo, ma l'effetto sul lungo periodo è che le innovazioni tecnologiche e di processo faticano a farsi strada nel mercato, se non sono davvero rivoluzionarie: perchè chi fa le cose col vecchio metodo ha i mezzi per resistere a lungo a chi le fa col nuovo.

A questo ovviavano le crisi cicliche, quando il mercato era più 'selvatico': le compagnìe che tiravano avanti per inerzia venivano spazzate via e lasciavano spazio a quelle nuove, così come il crollo di un vecchio albero marcio nella foresta fa passare il sole per le piantine che gli stan sotto.

Da anni, invece, il neoliberismo imperante non si è trattenuto di fronte alle scelte di politica economica che prevedessero sostegno pubblico alle imprese, di norma per difendere l'occupazione. Una visione miope: l'occupazione non si difende evitando che la gente perda il posto, ma dandole opportunità di lasciarlo e cambiarlo e trovarne sempre uno nuovo (cosa che, per altro, è anche più efficiente per la difesa del potere d'acquisto... se hai un unico 'padrone' e temi di non poter trovare altro, ti prostri).
Così abbiamo visto settori industriali fuori tempo massimo ricevere fondi pubblici e glieli abbiamo visti divorare: quello dell'auto è forse il più noto. Un mercato drogato, ora azzoppato dal costo dei carburanti e dalle preoccupazioni ecologiche, che crolla su se stesso se non riesce a ottenere sgravi, rottamazioni, prestiti a fondo perduto dai governi. Ma come dicevo, non è una crisi punto e basta, è anche un'opportunità: l'opportunità per sostituire a vecchi prodotti e processi dei prodotti e dei processi migliori.

Quando Barak Obama ha vinto, si è parlato di New Deal ecologico: l'ipotesi che, per affrontare la crisi, la nuova amministrazione spendesse cifre enormi per le nuove fonti di energia, ottenendo nel breve un vantaggio occupazionale e nel lungo un vantaggio strategico. Bush, petroliere e amico di petrolieri, non lo avrebbe voluto/potuto fare.
Con la decisione sull'automobile, la linea liberomercatista degli obamiani sembra confermata e possiamo sperare che la crisi non sia nascosta sotto il cuscino ma lasciata evolvere e 'governata' nell'interesse dei cittadini. Da noi, la Fiat ha messo in campo invece un mese di cassintegrazione totale: temo che continueremo a pagare per far vivere aziende inutili a noi e poco utili a chi ci lavora.

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