Mi ero dilungato sulle decisioni del governo indiano dopo gli attacchi a Mumbai, oggi il New York Times fornisce un altro tassello perfettamente combaciante. Il Kashmir ha bisogno di una soluzione politica, non di forze di sicurezza.
Il Kashmir musulmano e indipendentista, sul confine col Pakistan e occupato dalle truppe indiane, è stato per anni la Palestina orientale: il luogo che giustificava le azioni degli estremisti, nel quale si potevano reclutare giovani per le forze di combattimento islamiste e che garantiva nel suo essere 'caotico' delle opportunità per il traffico e i commerci illegali. Ovviamente oggi l'attenzione del mondo si concentra sull'Afghanistan, dove di nuovo truppe occidentali (agli occhi degli afghani, lo erano pure i russi) appoggiano un governo debolissimo e riescono a far rispettare le sue leggi solo dentro le città o nei territori militarmente controllati da alcune minoranze etniche alleate, ma finiscono sotto fuoco incrociato se osano avventurarsi all'esterno di queste enclave. Eppure il Kashmir è tutt'ora la chiave di volta del problema regionale.
Se si risolve la questione kashmira, in qualsivoglia modo, allora i militari pakistani non potranno più usare le tensioni con l'India per imporsi alle autorità civili e queste autorità civili non dovranno più cercare strategicamente l'appoggio di partiti fondamentalisti con largo sostegno popolare per stare in piedi.
Se il Pakistan si stabilizza, potrà affrontare i fondamentalisti casalinghi e mettere i bastoni tra le ruote a chi finanzia e appoggia i talebani afghani.
Non sarebbe di per sè risolutivo, una delle altre questioni chiave è il controllo dei confini in mano alle tribù montanare, ma sarebbe già un passo avanti e potrebbe aprire uno spiraglio alla soluzione politica adombrata dai pezzi grossi dell'esercito americano: allargare il governo ai pashtun spezzandone l'unità, anche a talebani 'moderati' disposti a por fine ai combattimenti, riconoscendo una virtuale separazione del Paese ma creando le condizioni per la ricostruzione e per un generale miglioramento della vita degli afghani, prerequisito per una pace duratura.
(Se amate la politicaccia nazionale, leggetevi la nuova finanziaria e ridete, io piango.
sabato 20 dicembre 2008
venerdì 19 dicembre 2008
19.12.08 - Pacche sulle spalle
Su col morale, avere fiducia fa bene all'economia. Lo sottolinea il Presidente del Consiglio dei Ministri. Se lo dice il padrone dei media italiani, che controlla ora la televisione pubblica e fa "vigilare" sulle sue attività un suo uomo sotto le mentite spoglie di membro dell'opposizione, c'è da star sereni. Saremo sommersi dalla fiducia.
giovedì 18 dicembre 2008
18.12.12 - La casa dei riformisti
Prendiamo la Notizia con la "n" maiuscola di questi giorni e rigiriamola, mettiamola sottosopra. Non m'importa sapere quanti amministratori corrotti ci sono nel PD: di sicuro qualcuno che non verrà beccato c'è, così come sicuramente anche altri partiti hanno delle magagne che riescono o meno a nascondere.
Quello che mi interessa è capire come mai questi potenti locali abbiano deciso di "investire" sul PD per condurre i loro affari e dare strumenti addizionali al loro preesistente potere. Cosa ha reso il Pd la casa, più che dei riformisti, di questi corrotti e corruttori?
E ancora: era così da sempre ed è cambiato qualcosa, si è resa palese una cosa nascosta, oppure le cose sono cambiate? Se sono cambiate, cos'è cambiato?
Con lo sguardo poco obiettivo del militante, credo che sia cambiato qualcosa: che aver aperto la porta ai 'moderati', portatori di interessi particolari più che di istanze sociali, abbia reso il PD un luogo dove chi vuole perseguire interessi privati può farlo sotto gli alibi della modernità, del riformismo, della politica non ideologica. Non dico che sia impossibile perseguire interessi privati e riempirsi le tasche all'interno di un partito socialista, assolutamente no, ma dico che in un partito socialista gli ostacoli sono tanti e i corrotti saranno quasi tutti "homegrown", persone nate e cresciute al suo interno e per questo conosciute e conoscibili, mentre nel partito moderato aperto alle istanze particolari i corrotti estranei accorrono a frotte, trovando l'ambiente ideale per condurre i loro affari.
Quello che mi interessa è capire come mai questi potenti locali abbiano deciso di "investire" sul PD per condurre i loro affari e dare strumenti addizionali al loro preesistente potere. Cosa ha reso il Pd la casa, più che dei riformisti, di questi corrotti e corruttori?
E ancora: era così da sempre ed è cambiato qualcosa, si è resa palese una cosa nascosta, oppure le cose sono cambiate? Se sono cambiate, cos'è cambiato?
Con lo sguardo poco obiettivo del militante, credo che sia cambiato qualcosa: che aver aperto la porta ai 'moderati', portatori di interessi particolari più che di istanze sociali, abbia reso il PD un luogo dove chi vuole perseguire interessi privati può farlo sotto gli alibi della modernità, del riformismo, della politica non ideologica. Non dico che sia impossibile perseguire interessi privati e riempirsi le tasche all'interno di un partito socialista, assolutamente no, ma dico che in un partito socialista gli ostacoli sono tanti e i corrotti saranno quasi tutti "homegrown", persone nate e cresciute al suo interno e per questo conosciute e conoscibili, mentre nel partito moderato aperto alle istanze particolari i corrotti estranei accorrono a frotte, trovando l'ambiente ideale per condurre i loro affari.
mercoledì 17 dicembre 2008
17.12.08 - Forze nuove
Sindaci, parlamentari e amministratori del PD indagati, inquisiti, arrestati. Contro questa vecchia politica, intervengono con decisioni i Giovani Democratici, che il 20 Dicembre convocano la loro Assemblea Costituente dopo le votazioni di un mese fa.
1) I risultati ufficiali non si hanno ancora, chi saranno i convocati? Eppure il segretario eletto, Fausto Raciti, non sembra preoccuparsene.
2) I lavori dureranno sei ore, i convocati sono 1000 e il luogo deputato ad ospitarli ha 750 posti. Si tratta di una scelta sensata: mille persone in sei ore non discutono di nulla, quindi molti decideranno di non venire.
3) La comunicazione dell'assemblea non è mai arrivata, chi si è informato ha scoperto pochi giorni fa che sarà il 20, ultimo week-end prima delle vacanze.
4) Il principale candidato d'opposizione, Giulia Innocenzi, ha dovuto scrivere lettere pubbliche per ricevere, alla fine una telefonatina in cui la si invitava a presenziare...
Un'Assemblea non rappresentativa, non propositiva, senza spazio per la discussione. Non lamentiamoci dei corrotti, non lamentiamoci dei poltronari cinquantenni: stiamo allevando dei degni sostituti.
1) I risultati ufficiali non si hanno ancora, chi saranno i convocati? Eppure il segretario eletto, Fausto Raciti, non sembra preoccuparsene.
2) I lavori dureranno sei ore, i convocati sono 1000 e il luogo deputato ad ospitarli ha 750 posti. Si tratta di una scelta sensata: mille persone in sei ore non discutono di nulla, quindi molti decideranno di non venire.
3) La comunicazione dell'assemblea non è mai arrivata, chi si è informato ha scoperto pochi giorni fa che sarà il 20, ultimo week-end prima delle vacanze.
4) Il principale candidato d'opposizione, Giulia Innocenzi, ha dovuto scrivere lettere pubbliche per ricevere, alla fine una telefonatina in cui la si invitava a presenziare...
Un'Assemblea non rappresentativa, non propositiva, senza spazio per la discussione. Non lamentiamoci dei corrotti, non lamentiamoci dei poltronari cinquantenni: stiamo allevando dei degni sostituti.
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martedì 16 dicembre 2008
16.12.08 - Ha vinto ancora
Il capo del Governo ha vinto ancora. Festeggia in Abruzzo, dove non solo elegge un suo uomo, ma vede anche crescere con decisione l'appoggio a Di Pietro, l'opposizione più gradita: quella che concentra i riflettori su di lui e non sulle magagne della sua azione di governo, quella che grida e spacca il fronte dell'opposizione e fà felici gli elettori di sinistra senza lasciare traccia.
Dagli amici mi guardi Iddìo...
Il PD si avvia così al 19 Dicembre in reale crisi. Veltroni è debolissimo (non che sia mai stato forte), ma le varie alternative per ricoprire la sua carica richiederebbero di contarsi, e non sia mai... la sua debolezza è la sua forza, chi altri potrebbe occupare una sedia che va occupata senza essere minaccia per nessuno?
(Non mi scordo quel che successe in Abruzzo e quanto il PD paghi quello scandalo. Ma come ho detto due giorni fa, era coinvolta gente da ambo le parti e il capro espiatorio pare si candidi con Berlusconi alle elezioni europee... io so, ma gli altri sanno?)
Dagli amici mi guardi Iddìo...
Il PD si avvia così al 19 Dicembre in reale crisi. Veltroni è debolissimo (non che sia mai stato forte), ma le varie alternative per ricoprire la sua carica richiederebbero di contarsi, e non sia mai... la sua debolezza è la sua forza, chi altri potrebbe occupare una sedia che va occupata senza essere minaccia per nessuno?
(Non mi scordo quel che successe in Abruzzo e quanto il PD paghi quello scandalo. Ma come ho detto due giorni fa, era coinvolta gente da ambo le parti e il capro espiatorio pare si candidi con Berlusconi alle elezioni europee... io so, ma gli altri sanno?)
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lunedì 15 dicembre 2008
15.12.12 - Enti inutili irrinunciabili
In campagna elettorale se ne dicono tante, nel filone del taglio delle spese inutili la destra puntò il dito sulle province promettendo di eliminarle. Posizione apprezzata da larga parte dell'elettorato, quindi una buona scelta di marketing elettorale. Era la stessa destra che aveva appoggiato la creazione di nuove provincie nel 2001-2006, ma è dell'uomo sia l'errare che cambiare idea.
Oggi, con la scure governativa che si abbatte sui punti deboli della spesa pubblica (non necessariamente sulle spese inutili, ma su quelle più facili da tagliare, che siano utili o meno) e col ministro Brunetta che imperversa a caccia di fannulloni e pigroni nella pubblica amministrazione, le dichiarazioni sulle province sono una ventata di aria fresca: "non si toccano finchè la Lega sta al Governo", dice Bossi (che vede il Carroccio presiedere 6 provincie ma nessuna grande città); "vanno tolte ma non si può fare in questa legislatura" dice Brunetta (alla faccia della maggioranza di cento deputati assegnata per legge, che vuole, il partito unico?). Ora li riconosco!
Non mi aspetto che il PD conduca una seria battaglia per l'abolizione: se ci tenesse, potrebbe essere un'interessante riforma bipartisan. Ma su quelle poltrone non siede solo la destra. Purtroppo, come spesso succede, si guarda al vantaggio assoluto e non a quello relativo: le nuove provincie sarde sono state appoggiate dal governo di destra del 2001-2006 con chiaro intento di gerrymandering, per qualche poltrona in più a noi vale la pena farne avere tante in più a loro? Poltrone e portafogli, portafogli e spese, spese e clientele, clientele e voti...
Oggi, con la scure governativa che si abbatte sui punti deboli della spesa pubblica (non necessariamente sulle spese inutili, ma su quelle più facili da tagliare, che siano utili o meno) e col ministro Brunetta che imperversa a caccia di fannulloni e pigroni nella pubblica amministrazione, le dichiarazioni sulle province sono una ventata di aria fresca: "non si toccano finchè la Lega sta al Governo", dice Bossi (che vede il Carroccio presiedere 6 provincie ma nessuna grande città); "vanno tolte ma non si può fare in questa legislatura" dice Brunetta (alla faccia della maggioranza di cento deputati assegnata per legge, che vuole, il partito unico?). Ora li riconosco!
Non mi aspetto che il PD conduca una seria battaglia per l'abolizione: se ci tenesse, potrebbe essere un'interessante riforma bipartisan. Ma su quelle poltrone non siede solo la destra. Purtroppo, come spesso succede, si guarda al vantaggio assoluto e non a quello relativo: le nuove provincie sarde sono state appoggiate dal governo di destra del 2001-2006 con chiaro intento di gerrymandering, per qualche poltrona in più a noi vale la pena farne avere tante in più a loro? Poltrone e portafogli, portafogli e spese, spese e clientele, clientele e voti...
domenica 14 dicembre 2008
14.12.12 - Calma non piatta
Sembra che questa domenica non succeda nulla di particolarmente interessante.
Dall'Abruzzo giunge un format noto: un importante amministratore della cosa pubblica è accusato di corruzione, insieme ad altri; il suo partito lo scarica (coda di paglia o convinzione che sia colpevole?); i rivali politici si preparano a sostituirlo, alle elezioni, candidando gente coinvolta nei fatti ma incentrando la campagna stampa su di lui e sulle sue colpe, per danneggiare il suo ex-partito; lui ringrazia e si prepara ad unirsi a loro appena avran vinto.
E la gente? La gente non sa nulla e non vede nulla.
Vi faccio un favore se non mi dilungo, sinceramente.
Dall'Abruzzo giunge un format noto: un importante amministratore della cosa pubblica è accusato di corruzione, insieme ad altri; il suo partito lo scarica (coda di paglia o convinzione che sia colpevole?); i rivali politici si preparano a sostituirlo, alle elezioni, candidando gente coinvolta nei fatti ma incentrando la campagna stampa su di lui e sulle sue colpe, per danneggiare il suo ex-partito; lui ringrazia e si prepara ad unirsi a loro appena avran vinto.
E la gente? La gente non sa nulla e non vede nulla.
Vi faccio un favore se non mi dilungo, sinceramente.
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sabato 13 dicembre 2008
13-12-2008 - Crisi e opportunità
Pare che i giganti dell'automobile americana non riceveranno fondi pubblici per sopravvivere alla crisi, almeno non la quantità immensa che era stata ipotizzata nelle settimane passate. Mi sembra una notizia positiva.
Nel primo corso di Economia politica, Microeconomia, il professor Manera disse una cosa interessante: "il libero mercato non esiste, è impensabile che chi ottiene un utile non lo usi, in qualche forma, per fare concorrenza 'sleale' l'anno dopo e allargare la sua quota di mercato". Non dava nessun senso etico al termine 'sleale', si trattava piuttosto di 'non aderenza alle regole del libero mercato', prima tra tutte la massimizzazione dei profitti.
Nel mondo questo è chiarissimo: una grande compagnìa ha modo di sopravvivere a una crisi, semplicemente facendo dumping dei prezzi per impadronirsi delle quote di mercato delle piccole compagnie che le fanno concorrenza. Non c'è nulla di strano in questo, ma l'effetto sul lungo periodo è che le innovazioni tecnologiche e di processo faticano a farsi strada nel mercato, se non sono davvero rivoluzionarie: perchè chi fa le cose col vecchio metodo ha i mezzi per resistere a lungo a chi le fa col nuovo.
A questo ovviavano le crisi cicliche, quando il mercato era più 'selvatico': le compagnìe che tiravano avanti per inerzia venivano spazzate via e lasciavano spazio a quelle nuove, così come il crollo di un vecchio albero marcio nella foresta fa passare il sole per le piantine che gli stan sotto.
Da anni, invece, il neoliberismo imperante non si è trattenuto di fronte alle scelte di politica economica che prevedessero sostegno pubblico alle imprese, di norma per difendere l'occupazione. Una visione miope: l'occupazione non si difende evitando che la gente perda il posto, ma dandole opportunità di lasciarlo e cambiarlo e trovarne sempre uno nuovo (cosa che, per altro, è anche più efficiente per la difesa del potere d'acquisto... se hai un unico 'padrone' e temi di non poter trovare altro, ti prostri).
Così abbiamo visto settori industriali fuori tempo massimo ricevere fondi pubblici e glieli abbiamo visti divorare: quello dell'auto è forse il più noto. Un mercato drogato, ora azzoppato dal costo dei carburanti e dalle preoccupazioni ecologiche, che crolla su se stesso se non riesce a ottenere sgravi, rottamazioni, prestiti a fondo perduto dai governi. Ma come dicevo, non è una crisi punto e basta, è anche un'opportunità: l'opportunità per sostituire a vecchi prodotti e processi dei prodotti e dei processi migliori.
Quando Barak Obama ha vinto, si è parlato di New Deal ecologico: l'ipotesi che, per affrontare la crisi, la nuova amministrazione spendesse cifre enormi per le nuove fonti di energia, ottenendo nel breve un vantaggio occupazionale e nel lungo un vantaggio strategico. Bush, petroliere e amico di petrolieri, non lo avrebbe voluto/potuto fare.
Con la decisione sull'automobile, la linea liberomercatista degli obamiani sembra confermata e possiamo sperare che la crisi non sia nascosta sotto il cuscino ma lasciata evolvere e 'governata' nell'interesse dei cittadini. Da noi, la Fiat ha messo in campo invece un mese di cassintegrazione totale: temo che continueremo a pagare per far vivere aziende inutili a noi e poco utili a chi ci lavora.
Nel primo corso di Economia politica, Microeconomia, il professor Manera disse una cosa interessante: "il libero mercato non esiste, è impensabile che chi ottiene un utile non lo usi, in qualche forma, per fare concorrenza 'sleale' l'anno dopo e allargare la sua quota di mercato". Non dava nessun senso etico al termine 'sleale', si trattava piuttosto di 'non aderenza alle regole del libero mercato', prima tra tutte la massimizzazione dei profitti.
Nel mondo questo è chiarissimo: una grande compagnìa ha modo di sopravvivere a una crisi, semplicemente facendo dumping dei prezzi per impadronirsi delle quote di mercato delle piccole compagnie che le fanno concorrenza. Non c'è nulla di strano in questo, ma l'effetto sul lungo periodo è che le innovazioni tecnologiche e di processo faticano a farsi strada nel mercato, se non sono davvero rivoluzionarie: perchè chi fa le cose col vecchio metodo ha i mezzi per resistere a lungo a chi le fa col nuovo.
A questo ovviavano le crisi cicliche, quando il mercato era più 'selvatico': le compagnìe che tiravano avanti per inerzia venivano spazzate via e lasciavano spazio a quelle nuove, così come il crollo di un vecchio albero marcio nella foresta fa passare il sole per le piantine che gli stan sotto.
Da anni, invece, il neoliberismo imperante non si è trattenuto di fronte alle scelte di politica economica che prevedessero sostegno pubblico alle imprese, di norma per difendere l'occupazione. Una visione miope: l'occupazione non si difende evitando che la gente perda il posto, ma dandole opportunità di lasciarlo e cambiarlo e trovarne sempre uno nuovo (cosa che, per altro, è anche più efficiente per la difesa del potere d'acquisto... se hai un unico 'padrone' e temi di non poter trovare altro, ti prostri).
Così abbiamo visto settori industriali fuori tempo massimo ricevere fondi pubblici e glieli abbiamo visti divorare: quello dell'auto è forse il più noto. Un mercato drogato, ora azzoppato dal costo dei carburanti e dalle preoccupazioni ecologiche, che crolla su se stesso se non riesce a ottenere sgravi, rottamazioni, prestiti a fondo perduto dai governi. Ma come dicevo, non è una crisi punto e basta, è anche un'opportunità: l'opportunità per sostituire a vecchi prodotti e processi dei prodotti e dei processi migliori.
Quando Barak Obama ha vinto, si è parlato di New Deal ecologico: l'ipotesi che, per affrontare la crisi, la nuova amministrazione spendesse cifre enormi per le nuove fonti di energia, ottenendo nel breve un vantaggio occupazionale e nel lungo un vantaggio strategico. Bush, petroliere e amico di petrolieri, non lo avrebbe voluto/potuto fare.
Con la decisione sull'automobile, la linea liberomercatista degli obamiani sembra confermata e possiamo sperare che la crisi non sia nascosta sotto il cuscino ma lasciata evolvere e 'governata' nell'interesse dei cittadini. Da noi, la Fiat ha messo in campo invece un mese di cassintegrazione totale: temo che continueremo a pagare per far vivere aziende inutili a noi e poco utili a chi ci lavora.
venerdì 12 dicembre 2008
12.12.08 - Prevenire
Il Governo fa un passo indietro sull'Università, resta saldo sugli aspetti formali dell'intervento sulla Scuola (grembiulini, voti in condotta e altri specchietti per le allodole). La notizia non è quella, ma che Veltroni ha accolto la decisione del Governo con piacere (giusto) e ha sostenuto che aveva ragione chi protestava.
Ma questo, purtroppo, è sbagliato.
Che l'Università abbia grossi problemi, è un dato di fatto.
Che la manovra del Governo non li avrebbe risolti ma semmai ne avrebbe creati altri, anche questo credo sia evidente a tutti.
Ma la difesa di principio dell'esistente che è stata fatta da ampi settori dell'Università è esiziale: verrà il giorno che il Governo il passo indietro non lo farà, con ampio sostegno popolare. Non sarebbe meglio prevenire? Non sarebbe meglio tagliare l'erba sotto ai piedi a chi vede l'Università solo come un costo da tagliare?
Le domande che un riformista deve porsi, sono due:
- a parità di spesa, è più importante garantire il reale diritto allo studio dei meritevoli (tasse, sostegno economico, alloggio) o tenere basse le tasse universitarie per agevolare un accesso ampio alla formazione universitaria?
- a parità di spesa, è più importante permettere agli studenti di seguire il percorso di studi universitario che favoriscono o limitare e indirizzare gli accessi per indirizzare gli studenti verso formazioni più "vendibili" sul mercato del lavoro?
- a parità di spesa, è più importante investire sulla ricerca (e in generale, sulla formazione post-universitaria) o sulla formazione universitaria primaria?
- a parità di bilancio, è necessario aumentare o diminuire la spesa per l'Università? A spese o a vantaggio di quali altri capitoli di spesa?
Le risposte di un riformista di sinistra, per me, sono evidenti:
- garantire il reale diritto allo studio dei meritevoli, anzichè tenere basse le tasse come oggi trasferendo risorse pubbliche alla minoranza che manda i figli all'Università;
- premere per indirizzare gli studenti verso le materie più utili e meno interessanti, come la matematica pura, a scapito delle facoltà che si limitano a sfornare disoccupati;
- investire sulla ricerca, per il sistema in generale e per selezionare nuovi docenti di qualità tra i ricercatori;
- sull'ultimo punto, non mi esprimo
La situazione in Parlamento è quella che è, di dialogo e riforme condivise non si può parlare. Ma dobbiamo tenere a mente che ignorare la malattia ci mette a rischio di una cura 'dura e sbagliata', presto o tardi.
Ma questo, purtroppo, è sbagliato.
Che l'Università abbia grossi problemi, è un dato di fatto.
Che la manovra del Governo non li avrebbe risolti ma semmai ne avrebbe creati altri, anche questo credo sia evidente a tutti.
Ma la difesa di principio dell'esistente che è stata fatta da ampi settori dell'Università è esiziale: verrà il giorno che il Governo il passo indietro non lo farà, con ampio sostegno popolare. Non sarebbe meglio prevenire? Non sarebbe meglio tagliare l'erba sotto ai piedi a chi vede l'Università solo come un costo da tagliare?
Le domande che un riformista deve porsi, sono due:
- a parità di spesa, è più importante garantire il reale diritto allo studio dei meritevoli (tasse, sostegno economico, alloggio) o tenere basse le tasse universitarie per agevolare un accesso ampio alla formazione universitaria?
- a parità di spesa, è più importante permettere agli studenti di seguire il percorso di studi universitario che favoriscono o limitare e indirizzare gli accessi per indirizzare gli studenti verso formazioni più "vendibili" sul mercato del lavoro?
- a parità di spesa, è più importante investire sulla ricerca (e in generale, sulla formazione post-universitaria) o sulla formazione universitaria primaria?
- a parità di bilancio, è necessario aumentare o diminuire la spesa per l'Università? A spese o a vantaggio di quali altri capitoli di spesa?
Le risposte di un riformista di sinistra, per me, sono evidenti:
- garantire il reale diritto allo studio dei meritevoli, anzichè tenere basse le tasse come oggi trasferendo risorse pubbliche alla minoranza che manda i figli all'Università;
- premere per indirizzare gli studenti verso le materie più utili e meno interessanti, come la matematica pura, a scapito delle facoltà che si limitano a sfornare disoccupati;
- investire sulla ricerca, per il sistema in generale e per selezionare nuovi docenti di qualità tra i ricercatori;
- sull'ultimo punto, non mi esprimo
La situazione in Parlamento è quella che è, di dialogo e riforme condivise non si può parlare. Ma dobbiamo tenere a mente che ignorare la malattia ci mette a rischio di una cura 'dura e sbagliata', presto o tardi.
giovedì 11 dicembre 2008
11.12.08 - (Chiusi per lavori)
Oggi The Daily Lev non esce, problemi inattesi dalla redazione han creato grande agitazione e mi spingono a dare una valutazione soggettiva dei fatti di oggi. Non c'è nulla di più importante che risolvere i suddetti problemi.
La notizia del giorno sarebbe probabilmente stata legata alla "riforma" della Giustizia, che come è abitudine di questo governo e dei precedenti a stessa guida, si incentra su questioni prettamente politiche trascurando il vulnus del sistema: ovvero, la durata inammissibile dei processi. Una giustizia così lenta non è mai giusta.
Possibile un'uscita pomeridiana, per recuperare.
La notizia del giorno sarebbe probabilmente stata legata alla "riforma" della Giustizia, che come è abitudine di questo governo e dei precedenti a stessa guida, si incentra su questioni prettamente politiche trascurando il vulnus del sistema: ovvero, la durata inammissibile dei processi. Una giustizia così lenta non è mai giusta.
Possibile un'uscita pomeridiana, per recuperare.
mercoledì 10 dicembre 2008
10.12.08 - Siamo come tu ci vuoi
Ha senso un sondaggio sulle intenzioni di voto alle Europee di questa primavera, fatto oggi? Sì, perché se pure i cittadini hanno scarsa percezione dell’operato del Parlamento Europeo e non sanno chi si candiderà e come, han sempre dato un significato molto ‘locale’ a quelle tornate elettorali. Quindi, il sondaggio ci dice qualcosa sul gradimento attuale delle varie forze politiche.
Il primo dato a colpire è che il PdL, partito virtuale che andrebbe a unire Forza Italia e Alleanza Nazionale dopo le liste comuni alle ultime elezioni politiche, ha guadagnato sostegno rispetto al risultato di quelle elezioni. Eppure quello era un voto sulle promesse, qui ci sono sei mesi di governo alle spalle! Ma la spiegazione è subito dopo: cala la Lega, che sulla scia della campagna di terrore berlusconiana (sui tg, prima delle elezioni, si parlava in primis di rom stupratori, zingari criminali e negri sospetti) e forte dell’aver messo sulla scheda un simbolo conosciuto aveva ottenuto il suo miglior risultato storico. Complice il nuovo corso televisivo basato sull’ottimismo, la Lega cede voti ai suoi alleati “moderati”. Fin qui, tutto spiegabile.
La seconda notizia però colpisce ancor di più: il PD, principale forza di opposizione e molto presente in video, perde voti rispetto alle politiche. Sorrido tra me e me: ovviamente, alle politiche il PD prese dei voti da sinistra, voti ‘utili’ per battere la destra ma non certo convinti. Mi preparo quindi a una Sinistra rinata, ma ecco la mazzata: tutti insieme i partiti che componevano l’Arcobaleno non raggiungono nemmeno il 6%. Rifondazione, da sola, era solita superarlo. Nemmeno con i simboli sulla scheda, nemmeno liberandosi del peso di 2 anni di governo impopolare con DS e Margherita, nemmeno sfruttando la ‘fame di sinistra’ che c’è nell’elettorato, riparte la sinistra cosiddetta radicale?
La terza notizia chiude il cerchio: Di Pietro guadagna voti, Casini li perde, la Destra non cresce. Tutto quello che il Cavaliere poteva desiderare si avvera: un PD debole con un ‘alleato’ difficile, rumoroso e che è il miglior testimonial del berlusconismo (“lo vedete, quanto mi odiano?”) in crescita. Il concorrente per il voto democristiano azzoppato e lentamente dissanguato, mentre i suoi capobastone locali passano armi e bagagli sotto la bandiera di Arcore. Contenuto il rischio di concorrenza “a destra”.
Poi uno dice che non c’è un problema d’informazione. Cui prodest?
Il primo dato a colpire è che il PdL, partito virtuale che andrebbe a unire Forza Italia e Alleanza Nazionale dopo le liste comuni alle ultime elezioni politiche, ha guadagnato sostegno rispetto al risultato di quelle elezioni. Eppure quello era un voto sulle promesse, qui ci sono sei mesi di governo alle spalle! Ma la spiegazione è subito dopo: cala la Lega, che sulla scia della campagna di terrore berlusconiana (sui tg, prima delle elezioni, si parlava in primis di rom stupratori, zingari criminali e negri sospetti) e forte dell’aver messo sulla scheda un simbolo conosciuto aveva ottenuto il suo miglior risultato storico. Complice il nuovo corso televisivo basato sull’ottimismo, la Lega cede voti ai suoi alleati “moderati”. Fin qui, tutto spiegabile.
La seconda notizia però colpisce ancor di più: il PD, principale forza di opposizione e molto presente in video, perde voti rispetto alle politiche. Sorrido tra me e me: ovviamente, alle politiche il PD prese dei voti da sinistra, voti ‘utili’ per battere la destra ma non certo convinti. Mi preparo quindi a una Sinistra rinata, ma ecco la mazzata: tutti insieme i partiti che componevano l’Arcobaleno non raggiungono nemmeno il 6%. Rifondazione, da sola, era solita superarlo. Nemmeno con i simboli sulla scheda, nemmeno liberandosi del peso di 2 anni di governo impopolare con DS e Margherita, nemmeno sfruttando la ‘fame di sinistra’ che c’è nell’elettorato, riparte la sinistra cosiddetta radicale?
La terza notizia chiude il cerchio: Di Pietro guadagna voti, Casini li perde, la Destra non cresce. Tutto quello che il Cavaliere poteva desiderare si avvera: un PD debole con un ‘alleato’ difficile, rumoroso e che è il miglior testimonial del berlusconismo (“lo vedete, quanto mi odiano?”) in crescita. Il concorrente per il voto democristiano azzoppato e lentamente dissanguato, mentre i suoi capobastone locali passano armi e bagagli sotto la bandiera di Arcore. Contenuto il rischio di concorrenza “a destra”.
Poi uno dice che non c’è un problema d’informazione. Cui prodest?
martedì 9 dicembre 2008
09.12.08 - Il nemico del mio nemico
Le organizzazioni fondamentaliste islamiche pakistane hanno nella questione del Kashmir uno dei loro cavalli di battaglia: una regione musulmana in mano al governo indù di Nuova Delhi, teatro di scontri e (in passato) di guerra, da cui si reclutano nuovi martiri e nuovi guerriglieri senza fatica e per conquistare la quale alla vera fede si raccolgono appoggi e finanziamenti in tutto il Paese.
Consci della situazione, il governo indiano (ora di nuovo in mano al partito del Congresso, dopo un brutto periodo con i nazionalisti indù in sella) e il governo pakistano (finalmente liberatosi del peso di Musharraf, divenuto insostenibile anche per l’alleato americano) si erano messi di buona volontà a discutere per trovare una qualche soluzione: era anche balenata l’ipotesi di una specie di cosovranità, una larghissima indipendenza che risolvesse le tensioni nel Kashmir permettendo agli abitanti di raggiungere i parenti e i membri delle loro tribù nei due paesi vicino quando ne avessero necessità.
Guarda caso, un gruppo terroristico ha colpito a Mumbai e ora il governo indiano reagisce “con durezza”, interrompendo il dialogo col Pakistan. Esattamente quello che i terroristi volevano…
Messa così, sembra una storia già sentita: ma il risultato elettorale indiano (si eleggevano i governatori di vari stati importanti) mette tutto sotto un’altra luce. Il partito del Congresso, nonostante l’ampia risonanza degli attacchi di Mumbai, strappa ai nazionalisti degli stati. Forse la risposta caparbia, l’interruzione delle trattative, è stata un’abile mossa per non farsi scavalcare in “durezza” dai nazionalisti proprio all’alba del voto? Parrebbe di sì e ora un partito del Congresso rafforzato potrà riaprire, con tempi e modi acconci, le trattative. Le prospettive sono ottime: da un lato, il governo indiano ci tiene a risolvere la questione per potersi dedicare ai problemi interni; dall’altro, il nuovo governo civile pakistano non vede l’ora di liberarsi della scomoda presenza dei militari e una pace duratura con l’India è quello che ci vuole, in questo intento appoggiato dagli U.S.A.
Risolvere la questione del Kashmir è un passaggio necessario per affrontare il problema del fondamentalismo in Pakistan, fondamentalismo che è fonte di uomini, denaro e armi per i talebani in Afghanistan. Se davvero il partito del Congresso e i suoi alleati riusciranno a non cadere nel circolo vizioso del “non ti parlo se mi attaccano”, sarà un punto di svolta per tutta l’Asia.
Consci della situazione, il governo indiano (ora di nuovo in mano al partito del Congresso, dopo un brutto periodo con i nazionalisti indù in sella) e il governo pakistano (finalmente liberatosi del peso di Musharraf, divenuto insostenibile anche per l’alleato americano) si erano messi di buona volontà a discutere per trovare una qualche soluzione: era anche balenata l’ipotesi di una specie di cosovranità, una larghissima indipendenza che risolvesse le tensioni nel Kashmir permettendo agli abitanti di raggiungere i parenti e i membri delle loro tribù nei due paesi vicino quando ne avessero necessità.
Guarda caso, un gruppo terroristico ha colpito a Mumbai e ora il governo indiano reagisce “con durezza”, interrompendo il dialogo col Pakistan. Esattamente quello che i terroristi volevano…
Messa così, sembra una storia già sentita: ma il risultato elettorale indiano (si eleggevano i governatori di vari stati importanti) mette tutto sotto un’altra luce. Il partito del Congresso, nonostante l’ampia risonanza degli attacchi di Mumbai, strappa ai nazionalisti degli stati. Forse la risposta caparbia, l’interruzione delle trattative, è stata un’abile mossa per non farsi scavalcare in “durezza” dai nazionalisti proprio all’alba del voto? Parrebbe di sì e ora un partito del Congresso rafforzato potrà riaprire, con tempi e modi acconci, le trattative. Le prospettive sono ottime: da un lato, il governo indiano ci tiene a risolvere la questione per potersi dedicare ai problemi interni; dall’altro, il nuovo governo civile pakistano non vede l’ora di liberarsi della scomoda presenza dei militari e una pace duratura con l’India è quello che ci vuole, in questo intento appoggiato dagli U.S.A.
Risolvere la questione del Kashmir è un passaggio necessario per affrontare il problema del fondamentalismo in Pakistan, fondamentalismo che è fonte di uomini, denaro e armi per i talebani in Afghanistan. Se davvero il partito del Congresso e i suoi alleati riusciranno a non cadere nel circolo vizioso del “non ti parlo se mi attaccano”, sarà un punto di svolta per tutta l’Asia.
lunedì 8 dicembre 2008
08.12.08 - Voglia di socialismo
Ho trovato su internet un appello per la presentazione di una lista “Costituente del PSE italiano” alle elezioni europee. Al di là del mio timore che si riveli una lista civetta per danneggiare un partito che socialista italiano è e che aderisce al PSE e che pare partecipi all’elezione (quello di Nencini), credo che la motivazione dei presentatori sia degna di nota: “costruire un grande Partito Socialista, di stampo Europeo, espressione di tutta la sinistra d’ispirazione laico riformista nel nostro paese”.
Apparentemente non sono l’unico a pensare che ci sia nell’offerta politica nazionale un buco. Manca un partito che attragga il voto laico e socialista, riformista di sinistra. Non può essere il PD, azzoppato su questo fronte da elementi clericali nella sua maggioranza e da una tradizione di ‘pragmatismo’ sulle questioni della laicità che spinge tanti laici al suo interno a non battersi su queste questioni. Non possono essere i Radicali né il Partito Socialista, fosse solo per la prova dei fatti, prendono troppi pochi voti.
Eppure, non dubito che questa esigenza sia sentita da ampie fasce di attivisti. Non è idea e ideale di una manciata di dirigenti e sognatori. Alle strane primariette dei Giovani Democratici, una candidata assolutamente outsider ha sconvolto il tavolo solo perché si presentava come laica e lì dove ha avuto modo di fare campagna elettorale e il voto è stato più informato, ha fatto bene e pure vinto, come a Milano.
L’assenza di un link all’appello non è casuale, sembra che l’origine della proposta sia nell’associazione di Rino Formica e a dibatterla siano quattro gatti, in più i ‘sostenitori’ istituzionali della proposta sono del PD… mi puzza troppo per farle pubblicità.
In realtà c’era una notizia più importante, ma visto che viene dall’altro capo del mondo ci sono problemi di timing che la renderanno tonda e gustosa per domani. Me la tengo da parte con cura.
Apparentemente non sono l’unico a pensare che ci sia nell’offerta politica nazionale un buco. Manca un partito che attragga il voto laico e socialista, riformista di sinistra. Non può essere il PD, azzoppato su questo fronte da elementi clericali nella sua maggioranza e da una tradizione di ‘pragmatismo’ sulle questioni della laicità che spinge tanti laici al suo interno a non battersi su queste questioni. Non possono essere i Radicali né il Partito Socialista, fosse solo per la prova dei fatti, prendono troppi pochi voti.
Eppure, non dubito che questa esigenza sia sentita da ampie fasce di attivisti. Non è idea e ideale di una manciata di dirigenti e sognatori. Alle strane primariette dei Giovani Democratici, una candidata assolutamente outsider ha sconvolto il tavolo solo perché si presentava come laica e lì dove ha avuto modo di fare campagna elettorale e il voto è stato più informato, ha fatto bene e pure vinto, come a Milano.
L’assenza di un link all’appello non è casuale, sembra che l’origine della proposta sia nell’associazione di Rino Formica e a dibatterla siano quattro gatti, in più i ‘sostenitori’ istituzionali della proposta sono del PD… mi puzza troppo per farle pubblicità.
In realtà c’era una notizia più importante, ma visto che viene dall’altro capo del mondo ci sono problemi di timing che la renderanno tonda e gustosa per domani. Me la tengo da parte con cura.
domenica 7 dicembre 2008
07.12.08 - Primarie di coalizione?
Il Sindaco di Firenze, PD, è incatenato davanti a Repubblica in segno di protesta per la cattiva informazione relativa ai recenti scandali nella sua amministrazione. Ma il fatto del giorno è che, nella Firenze imprendibile, si comincia a parlare di poter perdere le elezioni comunali.
Il partito si è spaccato quando l'assessore Cioni ha deciso di partecipare alle Primarie (qui in maiuscolo, visto che sono le vere primarie, non fuffa) e ora Firenze vede affrontarsi quattro candidati in un clima di tensione che non permette di sfruttare il vantaggio-primarie, ovvero la costruzione intorno al vincitore di una generale approvazione nell'elettorato di riferimento.
Lo scandalo, che ha coinvolto pure il suddetto Cioni, ha spinto pezzi grossi nazionali a parlare della necessità di "azzerare tutto" e spunta l'idea di primarie di coalizione.
Ed ecco quello che è, IMHO, il fatto del giorno: le primarie di coalizione, o meglio le regole per le primarie.
SE si ritiene che un'elezione primaria sia un utile strumento, peraltro non imitabile o mutuabile dalla destra;
SE si ritiene che il PD non debba diventare un partito ultraleggero, una specie di contenitore del centrosinistra alle elezioni, ma debba restare quel che è ora, ovvero un partito vecchio stile, con militanza, dirigenza, burocrazia e radicamento territoriale;
ALLORA non ci si può esimere dal discutere le regole per le primarie.
Credo sia evidente che le primarie devono seguire regole prescise per evitare che diventino un segno di debolezza: se in presenza di un candidato forte e condiviso non si fanno, farle sarà come affermare che un candidato forte e condiviso non c'è. Esiziale.
Credo anche che si debba ragionare sul fatto che spesso e volentieri il PD parteciperà alle elezioni coalizzato con altre forze, nazionali o locali, e che serva una regola per rapportarsi con queste forze.
Ogni crisi è un'opportunità, se da Firenze potranno venire gli spunti per un regolamento condiviso nazionale per le primarie coalizionali (le uniche esistenti, by now) allora oltre a tenere la città il PD fiorentino potrà vantarsi di aver dato un contributo vitale alla vita (o alla sopravvivenza?) di questo PD...
Il partito si è spaccato quando l'assessore Cioni ha deciso di partecipare alle Primarie (qui in maiuscolo, visto che sono le vere primarie, non fuffa) e ora Firenze vede affrontarsi quattro candidati in un clima di tensione che non permette di sfruttare il vantaggio-primarie, ovvero la costruzione intorno al vincitore di una generale approvazione nell'elettorato di riferimento.
Lo scandalo, che ha coinvolto pure il suddetto Cioni, ha spinto pezzi grossi nazionali a parlare della necessità di "azzerare tutto" e spunta l'idea di primarie di coalizione.
Ed ecco quello che è, IMHO, il fatto del giorno: le primarie di coalizione, o meglio le regole per le primarie.
SE si ritiene che un'elezione primaria sia un utile strumento, peraltro non imitabile o mutuabile dalla destra;
SE si ritiene che il PD non debba diventare un partito ultraleggero, una specie di contenitore del centrosinistra alle elezioni, ma debba restare quel che è ora, ovvero un partito vecchio stile, con militanza, dirigenza, burocrazia e radicamento territoriale;
ALLORA non ci si può esimere dal discutere le regole per le primarie.
Credo sia evidente che le primarie devono seguire regole prescise per evitare che diventino un segno di debolezza: se in presenza di un candidato forte e condiviso non si fanno, farle sarà come affermare che un candidato forte e condiviso non c'è. Esiziale.
Credo anche che si debba ragionare sul fatto che spesso e volentieri il PD parteciperà alle elezioni coalizzato con altre forze, nazionali o locali, e che serva una regola per rapportarsi con queste forze.
Ogni crisi è un'opportunità, se da Firenze potranno venire gli spunti per un regolamento condiviso nazionale per le primarie coalizionali (le uniche esistenti, by now) allora oltre a tenere la città il PD fiorentino potrà vantarsi di aver dato un contributo vitale alla vita (o alla sopravvivenza?) di questo PD...
sabato 6 dicembre 2008
06.12.08 - Voli di fantasia
La Nuova Alitalia farà decollare i suoi aerei dopo le vacanze natalizie. Sarebbe stato un test eccessivo, provare a partire prima e gestire quel periodo. Oggi leggo che l'organizzatore della cordata italica non solo è fiero dei membri del gruppo che ha messo insieme e ne elogia l'amor patrio, ma è pure sicuro che per loro sarà un investimento redditizio.
Ha senza dubbio ragione.
Rimossi i debiti e ottenuta liquidità: 1,5 miliardi di euro pubblici. Sarebbero stati insostenibili, per questa o altre ipotetiche cordate italiche. AirFrance, due anni prima, era disposta a pagare tutto quanto, ma voler risparmiare 3mila miliardi di vecchie lire è segno di scarsa italianità. Mi piace pensare che con quei soldi si sarebbero potuti evitare un po' dei tagli a pioggia nei servizi pubblici di cui si parla oggi, ma il centrosinistra stolto li avrebbe sicuramente usati per ridurre il debito pubblico.
Servizi e infrastrutture: Gianni Letta, uomo saggio, vuole che CAI si allei con Lufthansa, che oltre ad essere meno in concorrenza con Alitalia sulle tratte si affida a un sistema multihub che permetterebbe di rendere più "dolce" il colpo, se non di contenerlo del tutto. Ma abbiamo un accordo con AirFrance che prevede di non farsi concorrenza sulle tratte fino al 2011, quindi prevedo che si seguirà quella strada e che Parigi diventerà il nostro snodo intercontinentale. Per me pari è: se dovrò pagarmi il viaggio, volerò Ryanair; se pagherà la ditta e per andare all'estero farò scalo a Parigi, non mi sentirò sminuito.
Costi e alternative: per viaggiare da Roma a Milano la situazione non cambia. Una compagnia aerea monopolista, una azienda di trasporto ferroviario monopolista. Tengo le dita incrociate e la mano sul portafogli.
Ha senza dubbio ragione.
Rimossi i debiti e ottenuta liquidità: 1,5 miliardi di euro pubblici. Sarebbero stati insostenibili, per questa o altre ipotetiche cordate italiche. AirFrance, due anni prima, era disposta a pagare tutto quanto, ma voler risparmiare 3mila miliardi di vecchie lire è segno di scarsa italianità. Mi piace pensare che con quei soldi si sarebbero potuti evitare un po' dei tagli a pioggia nei servizi pubblici di cui si parla oggi, ma il centrosinistra stolto li avrebbe sicuramente usati per ridurre il debito pubblico.
Servizi e infrastrutture: Gianni Letta, uomo saggio, vuole che CAI si allei con Lufthansa, che oltre ad essere meno in concorrenza con Alitalia sulle tratte si affida a un sistema multihub che permetterebbe di rendere più "dolce" il colpo, se non di contenerlo del tutto. Ma abbiamo un accordo con AirFrance che prevede di non farsi concorrenza sulle tratte fino al 2011, quindi prevedo che si seguirà quella strada e che Parigi diventerà il nostro snodo intercontinentale. Per me pari è: se dovrò pagarmi il viaggio, volerò Ryanair; se pagherà la ditta e per andare all'estero farò scalo a Parigi, non mi sentirò sminuito.
Costi e alternative: per viaggiare da Roma a Milano la situazione non cambia. Una compagnia aerea monopolista, una azienda di trasporto ferroviario monopolista. Tengo le dita incrociate e la mano sul portafogli.
venerdì 5 dicembre 2008
05.12.08 - L'altra informazione
La molteplicità dei media a disposizione dei cittadini non ha prodotto significative trasformazioni nel loro consumo d'informazione. Chi dieci anni fa non comprava il giornale e non guardava il tg continua a non farlo, mentre i blog e in generale le informazioni in rete sono in massima parte fruite dalla minoranza "istruita e impegnata", che anche prima dell'avvento del web riusciva a procurarsi informazioni che le masse non avevano.
Ma questo non mi esime dal segnalare la situazione paradossale del principale media italico, la televisione.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con poteri grandemente estesi da una legge elettorale da lui voluta che gli ha permesso di decidere la composizione del Parlamento (cosa che non manca di sottolineare, limitando l'inutile dibattito e chiedendo solo bonapartistiche approvazioni alle sue decisioni), è attualmente il proprietario del principale polo televisivo privato.
La sua predominanza nel settore fa sì che la raccolta pubblicitaria sia da lui gestita senza reali interlocutori; il suo principale concorrente è il polo televisivo pubblico e negli ultimi anni non ha mancato di colpirlo 'sotto la cintura'. Ricorderanno i miei lettori che la vendita degli spazi pubblicitari Rai fu da lui assegnata a una ex dipendente Mediaset, accusata dai colleghi di aver operato costantemente contro l'interesse dell'azienda: mirabile esempio di liberismo odierno, ama giocare contro sè stesso.
I fatti degli ultimi giorni hanno sancito una sua ennesima vittoria mediatica: proponendo l'eliminazione di un insensato sgravio fiscale che avvantaggiava Sky, televisione di Rupert Murdoch (sostenitore della Destra worldwide, che differisce dal Cavaliere nostrano in primis perchè nel resto del mondo quelli come lui si accontentano di manovrare le poltrone senza sedervicisi), è riuscito ad attirare i miseri rappresentanti del PD in una banale trappola. Alla fine del massacro del nemico intrappolato, il Cavaliere conta le sue prede: una televisione a pagamento di proprietà di un amico è ufficialmente inserita nell'elenco dei media "di sinistra", i leader dell'opposizione han difeso uno sgravio fiscale per una minoranza tendenzialmente berlusconiana e lui si è potuto spacciare per statista.
Fedele al suo stile aziendale proattivo, mentre colpisce il privato non si scorda del pubblico e sorride al neoeletto presidente della Commissione di Vigilanza Rai, espulso dal PD. Il sorriso cela una promessa: finita questa legislatura, il prode Villari potrà unirsi senza remore al centrodestra e come rappresentante dell'opposizione ricoprire per altri cinque anni l'ambita carica.
Ma questo non mi esime dal segnalare la situazione paradossale del principale media italico, la televisione.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con poteri grandemente estesi da una legge elettorale da lui voluta che gli ha permesso di decidere la composizione del Parlamento (cosa che non manca di sottolineare, limitando l'inutile dibattito e chiedendo solo bonapartistiche approvazioni alle sue decisioni), è attualmente il proprietario del principale polo televisivo privato.
La sua predominanza nel settore fa sì che la raccolta pubblicitaria sia da lui gestita senza reali interlocutori; il suo principale concorrente è il polo televisivo pubblico e negli ultimi anni non ha mancato di colpirlo 'sotto la cintura'. Ricorderanno i miei lettori che la vendita degli spazi pubblicitari Rai fu da lui assegnata a una ex dipendente Mediaset, accusata dai colleghi di aver operato costantemente contro l'interesse dell'azienda: mirabile esempio di liberismo odierno, ama giocare contro sè stesso.
I fatti degli ultimi giorni hanno sancito una sua ennesima vittoria mediatica: proponendo l'eliminazione di un insensato sgravio fiscale che avvantaggiava Sky, televisione di Rupert Murdoch (sostenitore della Destra worldwide, che differisce dal Cavaliere nostrano in primis perchè nel resto del mondo quelli come lui si accontentano di manovrare le poltrone senza sedervicisi), è riuscito ad attirare i miseri rappresentanti del PD in una banale trappola. Alla fine del massacro del nemico intrappolato, il Cavaliere conta le sue prede: una televisione a pagamento di proprietà di un amico è ufficialmente inserita nell'elenco dei media "di sinistra", i leader dell'opposizione han difeso uno sgravio fiscale per una minoranza tendenzialmente berlusconiana e lui si è potuto spacciare per statista.
Fedele al suo stile aziendale proattivo, mentre colpisce il privato non si scorda del pubblico e sorride al neoeletto presidente della Commissione di Vigilanza Rai, espulso dal PD. Il sorriso cela una promessa: finita questa legislatura, il prode Villari potrà unirsi senza remore al centrodestra e come rappresentante dell'opposizione ricoprire per altri cinque anni l'ambita carica.
giovedì 4 dicembre 2008
Perchè un'ennesima opinione?
Se c'è una cosa di cui la rete è generosa sono i blog. Diario on line, rubrichetta, speaker's corner personale, le opinioni non mancano. Perchè una in più? Sono forse le molteplici opinioni sintomo di buona informazione?
In questa fase, penso di sì. L'informazione dell'era internet è ampia e poco profonda, ci sono dati per tutti ma ben pochi opinionisti che aiutino il navigatore a fare i collegamenti necessari: e senza collegamenti, i dati non spiegano la realtà, proprio no.
Quindi The Daily Lev nasce per opporsi al mito dell'informazione obiettiva, dell'equanimità pelosa. Chi avrà la magra fortuna di leggere la mia opinione quotidiana avrà una sola certezza: che l'argomento mi importa, che quel che dico lo penso e che non ho scritto in conto terzi.
A domattina, mi impegno a far uscire l'edizione quotidiana per le nove salvo tragedie.
In questa fase, penso di sì. L'informazione dell'era internet è ampia e poco profonda, ci sono dati per tutti ma ben pochi opinionisti che aiutino il navigatore a fare i collegamenti necessari: e senza collegamenti, i dati non spiegano la realtà, proprio no.
Quindi The Daily Lev nasce per opporsi al mito dell'informazione obiettiva, dell'equanimità pelosa. Chi avrà la magra fortuna di leggere la mia opinione quotidiana avrà una sola certezza: che l'argomento mi importa, che quel che dico lo penso e che non ho scritto in conto terzi.
A domattina, mi impegno a far uscire l'edizione quotidiana per le nove salvo tragedie.
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